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RISCHIO LIQUEFAZIONE.

UN FENOMENO ANCORA TROPPO POCO DISCUSSO E DA NON SOTTOVALUTARE.

Il fenomeno della liquefazione è divenuto di grande attualità in occasione dei recenti eventi sismici che hanno colpito la regione Emilia Romagna. Come sappiamo la liquefazione è lo stato fisico in cui viene a trovarsi un terreno sabbioso saturo quando la sua resistenza al taglio si riduce notevolmente e rapidamente per effetto dell’accumulo di pressioni interstiziali. Fisicamente distinguiamo differenti fenomeni di liquefazione: ciclica, mobilità ciclica, fluidificazione. Questi fenomeni sono osservati nei terreni granulari saturi in presenza di sollecitazioni dinamiche e cicliche non drenate  come appunto accade durante un sisma di magnitudo superiore ai 5,5° con PGA > 0,15 g e durata almeno 15 – 20 secondi. I siti più soggetti  a questo rischio sono generalmente in prossimità di mari, fiumi, laghi, depositi fluviali, pianure. Durante il sisma i terreni sciolti tendono ad una diminuzione del loro volume che, essendo impedita (condizioni non drenate), genera un incremento della pressione interstiziale. Ne consegue una degradazione della rigidezza con deformazioni sempre più evidenti e consistenti. Quando gli sforzi efficaci si riducono fino ad annullarsi ecco che il terreno si comporta come un fluido viscoso. Gli effetti possono essere devastanti per gli immobili costruiti su quei terreni: vulcanelli di sabbie, ribaltamenti, movimenti franosi, sprofondamenti, rotazioni e spostamenti laterali (lateral spreading), galleggiamenti di opere sotteranee, perdita di capacità portante delle fondazioni. Spesso gli immobili danneggiati da questi effetti risulteranno irrecuperabili ecco perché diviene fondamentale una attività di prevenzione tecnica.

Come si Valuta il Rischio Liquefazione.

In base alle NTC 2018 (D.M. 17/01/2018 e s.m.i. e Allegato A3 dell’Atto di coordinamento tecnico sugli studi di microzonazione sismica per la pianificazione territoriale e urbanistica (artt. 22 e 49, L.R. Emilia Romagna n. 24/2017)) la probabilità che nei terreni sabbiosi saturi si verifichino fenomeni di liquefazione è bassa o nulla se si verifica almeno una delle seguenti condizioni:

  1. Eventi sismici attesi di magnitudo M < 5;
  2. Accelerazione massima attesa in superficie in condizioni free-field < 0.1g;
  3. Accelerazione massima attesa in superficie in condizioni free-field <  0.15g e terreni con caratteristiche ricadenti in una delle tre seguenti categorie:
  • frazione di fine, FC, superiore al 20%, con indice di plasticità IP > 10;
  • FC ≥ 35% e resistenza (N1)60 > 20;
  • FC ≤ 5% e resistenza (N1)60 > 25

dove (N1)60 è il valore normalizzato della resistenza penetrometrica della prova SPT, definito dalla relazione:

(N1)60=NSPTCN

in cui il coefficiente CN è ricavabile dall’espressione CN= essendo pa la pressione atmosferica e σ’v la pressione efficace verticale.

  1. Distribuzione granulometrica esterna alle zone indicate in Figura 1 nel caso di materiale con coefficiente di uniformità Uc < 3.5 ed in Figura 2 per coefficienti di uniformità Uc > 3.5.
  2. Profondità media stagionale della falda superiore ai 15 m dal piano campagna.

Quando nessuna delle cinque condizioni indicate è soddisfatta occorre procedere alla valutazione del coefficiente di sicurezza alla liquefazione alle profondità in cui sono presenti i terreni potenzialmente liquefacibili. E’ possibile utilizzare metodologie semi-empiriche con verifiche di tipo puntuale o globale. La verifica di tipo puntuale consiste nella stima alle varie profondità di un coefficiente di sicurezza dato dal rapporto fra la resistenza alla liquefazione del terreno (CRR) e la sforzo di taglio ciclico indotto dal sisma (CSR).

Fs = CRR/CSR

Il parametro CRR può essere ottenuto attraverso correlazioni con prove in sito (prove penetrometriche statiche, dinamiche o misura delle velocità delle onde S. Nelle verifiche di tipo globale, dopo avere valutato l’andamento con la profondità di CRR e CSR, si stima il potenziale di liquefazione su tutta la colonna stratigrafica.

Metodi per la Stima dei Fenomeni di Liquefazione.

Definizione del coefficiente di sicurezza minimo: Delibera Regione Emilia Romagna del 02.05.2007 n.11

Per verificare la possibilità di occorrenza di fenomeni di liquefazione vanno impiegate le procedure che  nell’Ingegneria Geotecnica Sismica vengono denominati metodi semplificati. Tali metodi sono basati su  prove geotecniche di tipo corrente e sulla valutazione, ad ogni quota Z del deposito compresa nei primi 20 m, del coefficiente di sicurezza  Fs =(CRR/CSR) MSF dove:

  • CRR è la resistenza normalizzata (rispetto alla pressione efficace verticale iniziale σ’v0) che può essere valutata attraverso abachi in funzione di parametri desunti da prove SPT, CPT e da misure della velocità delle onde di taglio Vs;
  • CSR è la tensione indotta dal terremoto e dove amax,s è il picco di accelerazione al piano campagna del terremoto di riferimento; g è l’accelerazione di gravità; σv e σ’v sono rispettivamente la tensione totale verticale e la tensione efficace verticale alla profondità considerata; rd è un coefficiente riduttivo dell’azione sismica che porta in conto la deformabilità del sottosuolo e che può essere determinato con la relazione semplificata rd = 1-0.015z;
  • MSF è un fattore di scala che può essere valutato in funzione della magnitudo dei terremoti attesi.

Tra i metodi semplificati i metodi basati su prove CPT sono particolarmente raccomandati e tra questi il metodo di Robertson e Wride (1998).

Il D.M. 17.01.2018 non indica un valore specifico di Fs da utilizzare come riferimento. Questo deve essere scelto e motivato dal progettista. L’Eurocodice 8 suggerisce, nel caso di impiego di correlazioni semi-empiriche, che un terreno debba essere considerato liquefacibile se lo sforzo di taglio indotto dal terremoto supera l’80% della resistenza mobilitata dal terreno. CSR>=0.80CRR Questo comporta un coefficiente di sicurezza limite uguale a: Fs = CRR/CSR=1.25.

Il valore di Fs calcolato dovrà essere quindi maggiore o uguale di questo valore limite.

SCHEMA DI INTERVENTO LIQUEMIT DI GEOSEC

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Liquefazione dei terreni in condizioni sismiche e miglioramento del terreno, come fare?

Liquefazione dei terreni in condizioni sismiche e miglioramento del terreno, come fare?

Effettuate le verifiche tecniche di rito, se un sito risulterà a rischio liquefazione diverrà necessario intervenire con un miglioramento del terreno per tutti quegli strati potenzialmente interessati dal fenomeno. Le iniezioni di resine GEOSEC consentono dunque di consolidare il terreno in modo tale da garantire condizioni geotecniche nel pieno rispetto del Fattore di Sicurezza Fs.

Come valutare il rischio di liquefazione del terreno?

Come detto nella presente sezione di approfondimento tecnico, si possono utilizzare metodi storico empirici, metodi semplificati, oppure metodi avanzati. Gli ultimi sono naturalmente più complessi, mentre quelli preferiti e più in uso sono quelli semplificati con la determinazione del fattore di sicurezza Fs= CRR/CSR. Questi si avvalgono di prove in situ (SPT, CPT, DH) e prove di laboratorio CRR. Per interventi in Regione Emilia Romagna sono richieste prove CPTU.

Quali sono le tecniche per il miglioramento dei terreni?

Gli interventi di consolidamento dei terreni di fondazione possono essere distinti in trattamenti “attivi” e trattamenti “passivi”.  Si definiscono attivi quegli interventi che migliorano le proprietà meccaniche dei terreni mediante azioni dirette quali addensamento o cementazione. Le tecnologie di intervento di tipo “attivo” per la mitigazione del rischio liquefazione in presenza di edifici esistenti devono utilizzare attrezzature di limitato ingombro che operino possibilmente solo all’esterno della struttura realizzando raggiere di perforazioni di piccolo-diametro sub-verticali o curvilinee direzionate o sub-orizzontali e tali da non produrre vibrazioni che compromettano la statica della costruzione.

Quali interventi di miglioramento per terreni alluvionali dell'Emilia Romagna?

Per i terreni alluvionali come quelli delle zone colpite dal sisma 2012 Emilia Romagna, sono possibili differenti tipi di interventi. Ciascuno di essi presenta dei limiti e/o controindicazioni legati a diversi fattori quali, ad esempio, caratteristiche granulometriche e di permeabilità dei terreni, profilo stratigrafico, profondità e spessori degli strati liquefacibili, grado di miglioramento da ottenere, accessibilità alle zone di sottosuolo da trattare, ingombro delle apparecchiature, vibrazioni indotte in fase di lavorazione, costo dell’intervento, ecc.

Occorre sottolineare che qualunque intervento di miglioramento dovrà:

  • incrementare la resistenza ciclica dei materiali trattati di una quantità almeno sufficiente a evitare il ripetersi del fenomeno in caso di un sisma di entità paragonabile a quelli del 20 e 29 Maggio 2012;
  • avere un basso impatto ambientale;
  • risultare il meno invasivo possibile per le aree edificate;
  • interessare superfici limitate;
  • non dovrà alterare (se non localmente in corrispondenza degli edifici) il regime delle acque interstiziali di falda e il loro chimismo;
  • avere caratteristiche stabili e permanenti nel tempo, ben certificate.

Durante i trattamenti gli edifici dovranno essere monitorati topograficamente per registrare eventuali effetti indotti dagli stessi. Sulla base delle conoscenze sinora acquisite, con riferimento alle litologie di terreno sottostanti agli edifici, i metodi più idonei e sui quali esiste anche una esperienza maggiormente consolidata sono i seguenti:

TRATTAMENTI ATTIVI

a) Iniezioni di permeazione con miscele leganti (“permeation grouting”)

b) Iniezioni di compattazione (“compaction grouting”)

TRATTAMENTI PASSIVI

a) Parziale saturazione (“Induced Partial Saturation”).

b) Denaggi.

Cosa sono le iniezioni di compattazione? (compaction grouting)

Questa tecnica, secondo la prassi consolidata, si pone come obiettivo la riduzione dell’indice dei vuoti di terreni granulari mediante iniezioni di miscele cementizie che spiazzano il terreno circostante che si compatta con conseguente incremento della resistenza alla liquefazione, della rigidezza e riduzione della permeabilità. In sintesi una boiacca di malta viene pompata a pressioni elevate fino a 3.5 MPa dal basso verso l’alto da tubi di acciaio infissi o trivellati nel terreno secondo una griglia con interesse 1.5 – 3.0 m. Il volume di boiacca immesso può variare dal 3 al 20% del volume di terreno trattato. Le iniezioni di compattazione generano elementi colonnari “consolidati” che hanno funzione portante se realizzati sotto le fondazioni di edifici esistenti o di nuova costruzione; possono essere utilizzate per riportare in piano edifici che hanno subito rotazioni anche significative; inoltre rappresentano un ulteriore fattore di miglioramento delle proprietà meccaniche del sottosuolo.

Quali vantaggi nell'utilizzo di iniezione di resine rispetto alle iniezioni di cementi?

Le iniezioni di cementi comportano purtroppo diverse limitazioni sia operative che di risultato in confronto alle iniezioni di resine sintetiche. Innanzitutto le resine sono molto più leggere delle miscele di cemento, infatti se queste ultime arrivano ad un peso di più di 2000 kg/m3 , invece le resine una volta che la loro reazione chimica è ultimata possono galleggiare in acqua e dunque non appesantiscono il terreno. Le resine, a differenza dei cementi, reagiscono molto rapidamente (ordine di minuti) e consolidano il terreno con effetti pressoché immediati mentre le miscele di cementi devono attendere molti giorni per la necessaria maturazione di presa. Le resine sono iniettabili sia su siti edificati (all’interno delle abitazioni) che all’esterno o su siti non edificati grazie a strumentazioni molto snelle e manuali. Le resine, a differenze delle miscele di cemento, non producono sollevamenti evidenti che nel caso dei cementi possono essere anche dell’ordine di diverse decine di centimetri. Le resine sono tracciabili con sistemi geofisici di controllo dell’intervento in quanto di contrasto con il terreno, mentre le iniezioni di cemento a causa della loro natura e delle elevate pressioni di iniezione spesso si confondono e disperdono nel terreno, rendendo difficile un tracciamento dell’intervento in corso d’opera.

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